A Giuse

A Giuse

Di: Redazione

Ciao Giuse, caro amico mio.

Te lo posso dire? Mi hai giocato un gran brutto scherzo, decidendo di partire così, all’improvviso, per il tuo viaggio più importante. Chi ti ha voluto bene in questo momento trova difficile accettare. La sensazione di vuoto prevale su tutto, ci si sente impotenti e impreparati. Ma in modo intermittente e discontinuo affiorano ricordi, gli unici capaci di tener legate a sé le persone care in una sorta di sintesi alchemica che racchiude il suono della voce, le espressioni del volto, i gesti, i pensieri e le esperienze vissute insieme.

Ogni persona dovrebbe avere la fortuna – che è capitata a entrambi – di incontrare dei Maestri nel corso della vita, dai quali trarre esempio, dai quali imparare cosa significhino curiosità e passione, acquisendo da loro la capacità di pensare, immaginare, sognare. A distanza di vent’anni uno dall’altro siamo cresciuti grazie e con l’ISA di Monza. Una seconda mamma, come abbiamo sempre scherzosamente amato definire la nostra scuola. Un abbraccio ha chiuso il nostro rapporto docente-studente, un abbraccio ha aperto la nuova parentesi. Prima colleghi affiatati, poi grandi amici.

Conoscere un Maestro è un privilegio raro. Diventarne amico fraterno è un onore. Infine, anche un onere.

Le distanze si sono assottigliate fino ad azzerarsi, la conoscenza reciproca si è affinata fino a creare un rapporto che non si interromperà mai più. La condivisione di una parte importante delle nostre vite ci ha fatto attraversare momenti di enorme difficoltà, di dolore e grande felicità. A pensarci ora, tolgono il fiato.

Per non soccombere sotto il peso della tristezza l’unico rimedio che percepisco efficace è proprio quello di pescare dalla memoria ricordi di noi, delle esperienze vissute insieme. Vengono a galla spontaneamente.

Il pensiero delle nostre infinite chiacchierate notturne, guardando il mare dal terrazzino di un albergo di Andora, lenisce la sensazione di vuoto. Ma non basta, mi serve di più.

Mi rendo conto con il passare delle ore che il tuo modo di essere è la vera eredità. A quello devo pensare.

Alla capacità di guardare al futuro con determinazione, coraggio, perseveranza e, perché no, con la giusta dose di sana follia. Devo correre verso nuovi progetti, nuove idee, nuovi pensieri. Come facevi tu, come facevamo noi.

Questo, credo, mi salverà dalla tristezza e dal senso di profonda mancanza che provo.

Un onore e un onere.

Continuare sulla strada percorsa insieme sinora, avendo cura di non dimenticare e tramandando ciò che di importante ci è parso di cogliere in questa vita.

 

Buon viaggio, caro amico mio.

Ti voglio bene,

Gianluca

Ph. Orazio Truglio